Enrico I, conte di Ventimiglia, Geraci e Ischia

How are you related to Enrico I, conte di Ventimiglia, Geraci e Ischia?

Connect to the World Family Tree to find out

Enrico I, conte di Ventimiglia, Geraci e Ischia's Geni Profile

Share your family tree and photos with the people you know and love

  • Build your family tree online
  • Share photos and videos
  • Smart Matching™ technology
  • Free!

About Enrico I, conte di Ventimiglia, Geraci e Ischia

VENTIMIGLIA. - Storica famiglia siciliana, discendente da un Guglielmo, conte di Ventimiglia (1242), da cui Enrico, primo conte di Geraci, signore, dal 27 giugno 1258, delle due Petralie, capitano generale nell'esercito di Manfredi. ...

The parentage of Enrico as indicated above is very probably incorrect.
See Orazio Cancila, I Ventimiglia di Geraci (1258 -1619) Tomo I-II (2016), pp. 15-17:

Secondo il Memorial genealogico de don Iuan de Ventimilla y Nortman, conde de Ventimilla, y Nortman, vigesimo quinto conde, y undecimo marques de Irachi, y primero de todos de los reynos de Sicilia, ...., Palermo, 1665 (prima edizione Madrid 1660), pp. 8r-v, Enrico sarebbe figlio di Memma Sveva, figlia naturale di Federico II, tesi però confutata da altri membri della famiglia Ventimiglia. Sull’argomento, cfr. A. Mogavero Fina, I Ventimiglia Conti di Geraci e Conti di Collesano, Baroni di Gratteri e Principi di Belmonte, Arti Grafiche Siciliane, Palermo, 1980, pp. 15, 113-114; e più recentemente S. Farinella, I Ventimiglia. Castelli e dimore di Sicilia, Editori del Sole,Caltanissetta, 2007, p. 23.

Secondo il marchese di Geraci Giovanni IV Ventimiglia, autore di un memoriale al sovrano nel 1660, il padre di Enrico sarebbe stato Guglielmo Ventimiglia, indicazione seguita da Antonio de Ybañes – difensore negli anni Novanta del Seicento di donna Felice Barberini nella causa di successione del marchesato di Geraci, e da non pochi genealogisti, tra cui Mario Pluchinotta. Invece i gesuiti, in altra breve genealogia di fine Seicento, lo consideravano figlio di Filippo, conte di Ventimiglia. Enrico sarebbe figlio di Filippo Ventimiglia anche per Antonino Marrone (Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390), Quaderni di Mediterranea-ricerche storiche n. 1, Associazione no profit “Mediterranea”, Palermo. In effetti, la discendenza di Enrico da Filippo, conte del Maro in Liguria, è molto ben documentata: Enrico era infatti fratello di Filippino e di Oberto, come si rileva da un documento del 1278, con il quale Enrico e Filippino per due parti e il loro fratello Oberto per la terza parte si accollavano i debiti del padre. Che il loro padre fosse poi Filippo si deduce da una quietanza dell’anno precedente, nella quale si fa riferimento a tutti i debiti del defunto comune padre conte Filippo che il conte di Ventimiglia Filippino era tenuto a pagare al fratello Enrico, conte di Ventimiglia e di Ischia Maggiore. A sua volta, Filippo era figlio di Enrico,deceduto attorno al 1226, che nel 1217 aveva ottenuto il possesso della Valle di Oneglia dalla contessa Rasmonda di Candeasco in cambio del castello di Roccabruna e della metà della giurisdizione del luogo di Pigna.


Enrico is documented again in april-may 1307, p.35, 36. He died ca. 1308.

...Per l’Angius, egli sarebbe deceduto pochi mesi dopo, nel 1308: in un contratto per il nolo di una nave genovese, in data 1 settembre 1308, il figlio Guglielmo era identificato come «quondam dom. com. Henrici de Vintimilii» [58]. Certamente lo era nel 1311...


-http://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letterav/ventimiglia.htm

A1. Enrico I (* 1226 + 1266 /!\), 

Conte di Ventimiglia (titolare), 1° Conte di Geraci e di Ischia Maggiore, Signore di Gangi e delle Petralie (1258), Signore di Gratteri ed Isnello (o Asinello), Capitano Generale degli Eserciti di Re Manfredi, Vicario del Regno a Napoli.

Primo esponente del lignaggio ligure dei conti di Ventimiglia dotato di domini territoriali in Sicilia.
L'insediamento nell'isola avviene a metà del XIII secolo attraverso il matrimonio con Isabella Candida, secondogenita di Aldoino, conte di Ischia e signore di Geraci, e di una discendente della famiglia dei Cicala, signori di Polizzi e di Collesano. Le famiglie di entrambi i genitori erano fortemente radicate nel territorio madonita, anche se, all'epoca del matrimonio, i territori di Geraci erano stati revocati al demanio regio. Nel 1258 Enrico viene però investito dal re Manfredi delle Petralie con il grande feudo di Bilici, di Gratteri e della foresta regia di Caronia, insediandosi stabilmente nel territorio su cui potevano gravare le rivendicazioni della moglie. Queste, però non sono testimoniate se non nel 1271, in epoca angioina, quando Isabella viene designata come "comitissa Geracii", titolo mai portato da Enrico e dal figlio Aldoino, che si fregiavano invece di quello di "comes Iscle maioris", derivato dall'eredità dei Candida. Probabilmente, il titolo rivendicato è una contaminazione della qualifica comitale dei Candida relativa ad Ischia con la denominazione di "contea" attribuita alla circoscrizione pubblica in cui erano stati inclusi i domini geracensi tornati al demanio.
Il Ventimiglia d'altronde svolgeva un ruolo di primissimo piano nella politica di re Manfredi, rivestendo le cariche di Capitano generale in Italia (1258) e di Vicario della Marca (1259-60). Le benemerenze acquisite presso la Corte regia erano probabilmente all'origine della tolleranza di cui godeva nelle sue azioni nell'area dei domini siciliani: è infatti ampiamente testimoniata una politica di usurpazioni ai danni della Chiesa di Cefalù, la maggiore detentrice di terre e diritti nell'area madonita (l'occupazione di Tusa e della sua tonnara, l'usurpazione dei pascoli a Malvicino, sulle colline nell'entroterra della città vescovile). Il rapporto egemonico instaurato con il potere ecclesiastico che controllava l'area madonita è pure testimoniato da una sorta di patronato esercitato sulla chiesa cefaludense, della quale faceva riparare il tetto in due occasioni (1261, 1263), lasciandovi testimonianza in alcune iscrizioni sulle travi. A ciò faceva riscontro l'esercizio di fatto di poteri signorili sui beni territoriali del vescovato, tanto che il vescovo denunciava nel 1270 che Enrico "tenebat dictam ecclesiam occupatam".
Con la fine di Manfredi e l'avvento del regime angioino, Enrico seguiva la sorte dell'aristocrazia ghibellina strettamente legata alla dinastia sveva: le difficoltà politiche sono segnalate da un processo del 1266 che lo obbliga al risarcimento del Vescovo di Cefalù per le usurpazioni dei pascoli di Malvicino, e culminano nel 1271 con l'esilio e la confisca dei beni.
Probabilmente, le usurpazioni delle rendite ecclesiastiche erano la conseguenza dell'esercizio di un vero e proprio controllo signorile sui centri abitati e sui territori dell'area madonita, visto che, al momento dell'esilio in terra iberica al seguito della regina Costanza, il re angioino confiscava a Enrico, oltre alle Petralie e Caronia, anche le terre di Geraci, Gangi, Castelluzzo, Ipsigrò, Fisaula e Montemaggiore.
Il ritorno in Sicilia coincide per il figlio di Enrico, Aldoino, con lo sbarco nell'isola di Pietro d'Aragona dopo il Vespro del 1282 e la fine del dominio angioino (il Ventimiglia figura nella cerchia dei maggiori nobili al seguito del re, fra i fideiussori di Pietro per il progettato duello di Bordeaux con Carlo), mentre Enrico torna nell'isola solo dopo l'incoronazione di Federico III (1296), e sembra oscillare fra fedeltà al nuovo sovrano e lo schieramento con Carlo, che nel 1300 gli conferma i possessi suoi e della moglie, ormai stabilmente definiti "contea di Geraci".
Questo riavvicinamento dovette essere solo temporaneo, dal momento che, pochi anni dopo, il nipote Francesco figura come uno dei maggiori sostenitori del nuovo re di Sicilia, contro l'angioino e lo stesso re d'Aragona.

= post 1242 Elisabetta de Candida dei Conti d'Ischia Contessa ereditaria di Geraci e di Ischia Maggiore Signora di Buscemi * 1226; + 1266


... Enrico sposò Isabella de Candida, secondogenita di Aldoino, conte di Ischia e signore di Geraci (per discendenza dai normanni Craon, imparentati con la dinastia regia normanna), e di una discendente della famiglia dei Cicala, signori di Polizzi e di Collesano.

Enrico ebbe un ruolo di primissimo piano nella politica di re Manfredi, rivestendo le cariche di capitano generale in Italia (1258) e di vicario della Marca (1259-60); nel 1258 fu investito delle Petralie con il grande feudo di Bilici (e i suoi estesi seminativi), di Gratteri e della foresta regia di Caronia, disegnando il nucleo di un dominio territoriale coincidente con l’area montana delle Madonie, ricco, oltre che delle risorse boschive e cerealicole citate, di sbocchi marittimi (Termini, Roccella, Cefalù, Tusa) e di rilevanti centri abitati (Geraci, Castelbuono, San Mauro, Tusa, le due Petralie, Gratteri, Gangi, Monte Sant’Angelo, Castelluzzo). Tale dominio era destinato a una continuità secolare durata – con diverse vicende di smembramenti e ricomposizioni – fino al XIX secolo.

A partire da quel nucleo, nel corso della seconda metà del XIII secolo Enrico estese il suo controllo su un’area ancora più vasta, coincidente con la diocesi di Cefalù; dei beni di questa Chiesa, la maggiore detentrice di terre e diritti nell’area madonita, egli si appropriò, sfruttando le benemerenze acquisite presso la corte regia. Occupò Tusa con la sua tonnara e usurpò i pascoli nell’entroterra della città vescovile. Il rapporto egemonico instaurato con il potere ecclesiastico che insisteva sull’area madonita è pure testimoniato da una sorta di patronato esercitato sulla Chiesa cefaludense. Con la fine di Manfredi e l’avvento del regime angioino Enrico seguì la sorte dell’aristocrazia ghibellina strettamente legata alla dinastia sveva: le difficoltà politiche sono segnalate da un processo nel 1266 che lo obbligò al risarcimento del vescovo di Cefalù per le usurpazioni e culminò nel 1271 con l’esilio e la confisca dei beni. Giunto alla corte di Pietro III d’Aragona, fu fra i nobili siciliani esuli che spinsero il re d’Aragona a intervenire in Sicilia assumendone la corona, successivamente alla rivolta antiangioina del Vespro (1282), alla quale probabilmente contribuirono.

Il ritorno in Sicilia coincise per il figlio di Enrico, Aldoino, con lo sbarco nell’isola di Pietro d’Aragona dopo il Vespro del 1282 e la fine del dominio angioino (Ventimiglia figura nella cerchia dei maggiori nobili al seguito del re, fra i fideiussori di Pietro per il progettato duello di Bordeaux con Carlo d’Angiò), mentre Enrico tornò nell’isola solo dopo l’incoronazione di Federico III (1296). ...