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Palla Rucellai

Birthdate:
Death: April 04, 1543 (69)
Immediate Family:

Son of Bernardo Rucellai and Lucrezia de' Medici, Nannina
Brother of Pietro Rucellai; Giovanni II di Bernardo Rucellai; Lucrezia Strozzi and Cosimo Rucellai
Half brother of "Zoroaster Da Peretola"

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Last Updated:

About Palla Rucellai

Da L. Passerini, Genealogia e Storia della Famiglia Rucellai, Firenze, 1861, p.133:

Ei pure ebbe a maestro in belle lettere Francesco da "Diacceto ; ma appena giunto all'adolescenza fu dal padre mandato a perfezionarsi nell' università di Parigi. Quando Giulio II, nel 1512, forzò i Fiorentini a riammettere nella città i Medici, che fin dal 1494 n'erano esuli, Palla ed il fratello fecero parte di una congiura diretta a facilitare l'impresa; anzi negli orti loro il tutto fu stabilito. E perciò nella notte del 30 agosto, entrato con altri giovanastri nel palazzo della Signoria , forzò il gonfaloniere Soderini a partirsene, minacciandolo di farlo a pezzi: e questa temerità tanto impaurì la Signoria , che fu costretta a segnare la destituzione del Soderini. Le milizie spagnole e le pontificie, che aveano testè saccheggiato Prato, erano già alle porte di Firenze; e così senza sguainare la spada i Medici tornarono in patria. Palla nell' istesso anno fu fatto officiale di Monte, e fece parte della balia che dovè dar nuova forma al governo. Servendo una casa alla cui esaltazione avea tauto energicamente contribuito, fu sempre in impiego. Nel 1516 fu de' priori, e nuovamente nel 1525; risedè nel magistrato degli otto nel 1517. Nel 1520 fu eletto gonfaloniere di giustizia, e fu segnalato il suo governo per essersi dato cominciamento allo spedale degli incurabili in via S. Gallo, ch'egli promosse; forse dal l'esempio del nipote mosso a pietà di tanti miseri, che inabili a provvedersi di nane, languivano per le strade. Nell'anno seguente fu console di zecca; nel 1522 capitano di Pistoia ; indi degli otto di pratica. Eletto in quel l'anno al trono pontifìcio Giulio de' Medici col nome di Clemente VII, fu uno degli ambasciatori a lui spediti per gratularsene, ed ebbe l' incarico di far l'orazione. Si trattò in quella circostanza davanti al pontefice della forma di governo da darsi a Firenze; ed ei, già prevenuto dai consigli del papa , non solo si oppose al Salviati che proponeva libertà, ma unito ad Alessandro Pucci chiese in grazia a Clemente che mandasse i nipoti a reggere la città. Gradì l'atto al papa, e Palla crebbe nel suo favore. Tornato in patria mostrò sempre molto calore per gli interessi dei Medici. Nel 1527 fu capitano di Volterra; e poi, quando si udì che il contestabile di Borbone con le truppe imperiali marciava contro il pontefice, che si era alleato coi Francesi , temendosi che avesse mire ostili ancora verso Firenze, fu dal cardinale Passerini spedito al duca d'Urbino, per offrirgli la restituzione della fortezza di San Leo, purchè pigliasse il comando generale delle truppe che stavano al soldo del Comune. Ma il Borbone proseguì verso Roma che fu saccheggiata; ed il papa fu assediato nel Castel S. Angelo. Giuntane la nuova a Firenze, i Fiorentini insorsero ed obbligarono i Medici ed il cardinale Passerini a partirsene. Palla, non credendo più sicuro per sè il restarsene nella città, se ne fuggì a Lucca presso i Buonvisi. Il popolo che l'odiava, perchè lo credeva anima di ogni tristo consiglio suggerito ai Medici, avrebbe voluto massacrarlo; ed in questo intendimento si portò tumultuando ai suoi giardini per ricercarlo, credendo che Ih si fosse nascosto: ma non ve lo trovando, sfogarono i libertini il loro odio sui tesori che vi erano in molta copia raccolti, e cose d' immenso pregio furono distrutte con vandalica rabbia. Intanto si avvicinava il dramma fatale che costò a Firenze la libertà; e le armi di Clemente VII, unite a quelle di Carlo V, movevano ai danni della patria. Molte delle terre del contado fiorentino, malcontente del governo, si ribellarono agli antichi padroni, e fra le altre quelle tutte della Lunigiana, di cui Palla fu eletto governatore pontificio. A tale annunzio il Comune di Firenze lo dichiarò ribelle, ne mise a prezzo la testa, e tutti confiscò i di lui beni. Indispettito per questa con danna, si adoperò ancora presso Iacopo Corsi commissario per la Repubblica a Pisa, perchè consegnasse ai pontificj quella città; ma in tempo fu scoperto il trattato, che terminò col tragico fine del Corsi sopra un patibolo. Costretta Firenze dai tradimenti del suo generale a capitolare, vi rientrarono i fautori dei Medici fra gli evviva di una popolazione stanca di undici mesi di assedio; e radunato il popolaccio a parlamento, e fatto gridare Viva i Medici, furono licenziate le antiche magistrature e venne creata una balia di dodici cittadini, detti riformatori. Palla che, appena rientrato in città, era stato eletto a prendere il posto di Raffaello Girolami ultimo gonfaloniere di Firenze libera, e quindi accoppiatore, fu pure scelto adessere uno di questi dodici. I riformatori soppressero la Repubblica; ed eretto il principato, lo conferirono ad Alessandro de' Medici, limitandone il potere coli' istituzione diun senato di quarantotto cittadini, e di un consiglio di dugento. Nella nota dei senatori fra i primi è il Rucellai; il quale poco dopo fu fra i gentiluomini scelti ad andare a Prato per incontrare il nuovo duca e prestargli il giuramento di fedeltà. Andò quindi con Francesco Valori a Carlo V a Bruxelles, per ringraziarlo del dono che avea fatto a Firenze nel donarle un signore qual era il duca Alessandro; e Clemente VII, nel 1534, gli affidò l'onorevole missione di accompagnare in Francia Caterina Medici che vi andava sposa del duca d'Orleans. Ma Palla non ebbe a lodarsi del nuovo ordine di cose, e pianse con amare la crime i guai che affliggevan la patria perciò volle con un'azione generosa lavar l'onta che gli gravava sul capo per avere a quelli tanto contribuito. Ucciso nel 1537 il duca Alessandro, si adunò il senato per dargli un successore, e fu proposto Cosimo de' Medici, discendente da un fratfratello di Cosimo detto il Padre della patria. Palla che avea provato cosa era il vivere sotto un tiranno, parlò con calore perchè si rendesse a Firenze la libertà: ma ebbe un valido oppositore nel Guicciardini. Pur nonostante , quando si devenne al cimento dei voti, per mostrare che non avea la lingua discrepante dal cuore nè i fatti dalle parole, presa una fava bianca, ch'era l'indizio dell'esclusione, e mostratala a tutti, disse « Questa è la mia sentenza>>: e al Guicciardini, che gli dicea che il suo voto valea per un solo, soggiunse, « Che se « aveano innanzi deliberato ciò che fare volevano non occorreva il chiamarlo » ; ed alzossi per uscir dal consiglio. Il cardinal Cibo volle trattenerlo, mostrandogli il pericolo che correva per gli armati a bella posta fatti venire per sostenere l'elezione di Cosimo, e che le sale del palazzo tutte ingombravano: ma il Rucellai , sempre più animato, gli replicò: « sè essere ormai giunto a sessantadue anni e « che poco male gli potevano fare »; e partì dal senato. I partigiani de' Medici trionfarono; e Cosimo fu eletto al ducato. È questione fra gl' istorici di ciò che seguisse del Rucellai; alcuni dicono che, disprezzato da Cosimo e non curato, si ritirò in una villa ove finì una travagliata esistenza: ed altri narrano che prevenne colla fuga una condanna di morte, e la confisca de' beni. E dicono di più che si rifugiasse presso Caterina de' Medici regina di Francia, che lo accolse con amore e molto lo distinse. Ma la opinione dei primi è la più consentanea alla verità, avvegnachè non si conoscono decreti contro di lui proferiti; che anzi, riuscì ancora a conseguire qualche altra magistratura, qual fu il vicariato di Certaldo nel 1539 e quel di Pescia nel 1540. Può per altro essere anco vero che andasse in Francia: ma in tal caso vi andò spontaneo subito dopo la elevazione di Cosimo, temendo probabilmente per la sua sicurezza. È indubitato poi che morì il 4 aprile 1543, e che Cosimo fu accusato di averlo fatto avvelenare: accusa grave, da cui i fatti della vita di quel duca non ci animano a purgare la sua memoria. II duca credè di avvilirlo e di fare dimenticare la sua azione generosa, quando lo fece dipingere dal Vasari nel salone di Palazzo Vecchio in atto di prestargli obbedienza; ma l'istoria, questo flagello de' tiranni , smentisce quelI' artifizio, e lo separa dalla turba dei vili che da cittadini di libera terra si fecero cortigiani e piegarono il capo a un tiranno. L'atto generoso lo riconciliò nell'opinione de'Fiorentini, che l'odiavano per le arti crudeli che aveva usate contro gli antichi repubblicani dopo la resa della città, in specie contro Silvestro Aldobrandini; il quale appena potè scampare, per opera di Baccio Valori, quella morte a cui Palla lo avea destinato. Non è che il Rucellai non amasse la patria, che anzi sommamente l'amava: se favorì i Medici e l'istituzione di una monarchia, fu perchè opinava che questa nuova forma di governo avrebbe tolto l'anarchia che da molto tempo regnava in Firenze. Infattquando vide che sotto i Medici i Fiorentini erano meno felici. fu il solo che s'oppose magnanimo all'elezione di un nuovo padrone. Ei fu pure distinto letterato, ma immerso sempre in occupazioni politiche, non ebbe tempo da lasciarci opera alcuna; tranne le orazioni che disse a Clemente VII e a Carlo V in occasione delle sue ambascerìe. Trovansi queste nel codice Marucelliano, segnato A 186: sono seritte in lingua latina, e possono essere bell'esempio di stile purgato e insieme elegante; ma non vuol tacersi che, composte nel tempo in cui Palla era devoto ai Medicei, non vanno scevre di esagerata adulazione. Dobbiamo però essergli grati per averci data la prima edizione delle Api di Giovanni suo fratello, pubblicate in Venezia nel 1539. Suo padre gli indirizzò il sua trattato « de Urbe Roma » ; ed il Diacceto a lui ed a Giovanni dedicò il suo Panegirico di Amore. Residuatosi in lui il patronato della cappella di S. Maria Novella, fece dipingere la tavola del Martirio di S. Caterina al"Bugiardini , che nell'eseguirla fu molto aiutato dal divino Buonarroti.

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Palla Rucellai's Timeline

1473
July 1, 1473
1543
April 4, 1543
Age 69